La solidarietà nella promozione della dignità umana

alla luce di “Fratelli Tutti” (capitolo III)

 

 Papa Francesco diceva il 27 marzo del 2020, in una Piazza San Pietro vuota, prima dell’uscita dell’Enciclica “Fratelli Tutti” (pubblicata il 3 ottobre 2020): “Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Su questa barca siamo tutti fratelli: fratelli con quelli della nostra carne e con quelli della nostra nazione, fratelli con quelli vicini o con quelli lontani, fratelli tra i cristiani o con quelli di altre religioni, fratelli ricchi o poveri, sani o malati, con uguali diritti e doveri, tutti figli dello stesso Signore, creati a Sua immagine (cf Gen 1 26’27), convinti che “chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (Gv 4,16). Alla luce di queste parole del Papa ci rendiamo conto che l’Enciclica “Fratelli Tutti” è un invito alla preghiera “l’uno per l’altro”, “chiamati a remare insieme” … perché ci sia ”una grande fratellanza” umana, senza sincretismi, che conduca ad una vera amicizia sociale che consente agli eguali di essere persone diverse; è un invito  alla „solidarietà come principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali” ed è un inno della fratellanza umana che si realizza „costruendo ponti” (cf FT 2-4). Si, sulla stessa barca, dobbiamo vivere il valore unico dell’amore, fare l’esperienza di amare l’altro e andare verso di lui, ricercare gratuitamente il suo bene poiché l’altro ha un grande valore (cf FT 91-93), l’altro è il fratello.

Forti le parole del Papa che ci spronano a metterle in pratica considerando l’altro prezioso, degno, gradito e bello. Solo relazionandoci in questo modo fra di noi renderemo possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità diventa aperta a tutti (cf FT, 94), uomini e donne, di tutte le nazioni, popoli e culture capaci di un’apertura universale verso ogni fratello sano o sofferente, abbandonato o ignorato ma, cittadino della terra (cf FT 98).  Tutti siamo chiamati a “dare un apporto al bene comune”, “chiamati a remare insieme”. Poiché “la ricerca del bene degli altri e di tutta l’umanità implica di adoperarsi per una maturazione delle persone e delle società nei diversi valori morali che conducono ad uno sviluppo umano integrale (FT 112).

Scrive San Paolo ai Filippesi: „nessuno aprì con me un conto” se non voi, che “avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi”. Ma, “non dico questo per bisogno, poiché ho imparato a bastare a me stesso, in ogni occasione”, “ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco”, “sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza”. “Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione”. “Non è però il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio” (cf Fil 4 11-16). Qua troviamo il senso ed il valore profondo della solidarietà, «come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale che esige un impegno, …, e responsabilità di carattere educativo e formativo”. Si tratta dell’impegno della famiglia “chiamata a una missione educativa primaria e imprescindibile”, si tratta dell’educazione nella scuola e nella Chiesa. Esse costituiscono i luoghi in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. Famiglia, scuola, Chiesa sono ambiti privilegiati per la trasmissione della fede dove “si rema insieme” per il bene comune. Qua si imparano con responsabilità la dimensione morale, spirituale e sociale della persona, si apprende il valore della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà” (FT 114), di cui parla il Papa nell’Enciclica.

“Ci fa bene ad appellarci alla solidarietà” (FT 115) ma ci sono due modi di dare e ricevere: uno, direbbe san Paolo, materiale, carnale, umano, mercantile e uno spirituale, pneumatico, “partecipi della grazia che mi è stata concessa” (Fil 1, 7). Si può dare per avere il dominio sull’altro (l’altro dipende da te), per esercitare la tua onnipotenza perché leghi l’altro a te, e si può dare come “servizio, guardando sempre il volto del fratello, cercando la sua promozione (cf FT 115). Poi, ci sono due modi di ricevere: quello di prendere impadronendosi e dimenticandosi di chi dà, e da dove si prende (mondo coloniale), che è sbagliato, e il modo spirituale del ricevere, che è quello del Padre che dà il Suo Figlio (Gv 3,16), che dando sé stesso, si compromette, si perde sé stesso, dà il Suo Figlio affinché l’uomo riconquisti la sua libertà e dignità. Da qui ci rendiamo conto che la solidarietà non vuole potere sull’altro ma vuole che l’altro sia sé stesso e che, solidarietà significa „pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti, di lottare contro le cause strutturali della povertà, (disuguaglianza, mancanza di lavoro, di terra e della casa, negazione dei diritti sociali e lavorativi); significa far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia (cf FT 116) recita il Papa.

Proprio lungo la storia abbiamo attraversato diversi periodi nei quali è prevalso uno o l’altro dei modi di dare e ricevere e non la solidarietà né la libertà della persona e tanto meno delle comunità. Ricordiamoci la tenacia con cui il santo papa Giovanni Paolo II, non si arrese mai ai totalitarismi e ai nichilismi del XX secolo ma ha promosso sempre la libertà, la dignità, i valori della persona umana al di là di ogni ideologia. I regimi comunisti del Continente europeo e di altrove parlavano a voce alta della fratellanza, della solidarietà, della equa retribuzione dei beni ma era solo una parola vuota poiché era un’ideologia che ha trasformato la persona umana schiavizzandola a disposizione di una persona, del grande capo, di un partito (comunista); ha trasformato i paesi in grandi carceri da dove non si poteva scapare e dove tutto era controllato dallo stesso partito unico e dalla polizia segreta. Papa Francesco invece fa una forte critica all’„economia dell’esclusione e dell’iniquità”, dei nostri giorni che „uccide” è „considera l’essere umano un bene di consumo, che si può usare e poi gettare”; una forte critica alla “cultura dello “scarto” che, viene promossa” (cf EG n. 53); infatti, fa la critica alle nuove e contemporanee ideologie (neo marxismo, nuovi nazionalismi, ideologia del gender). Si, è una grave questione etico-morale che è sollevata dalla Chiesa in conformità al messaggio Evangelico ma che dovrebbe essere risolta dalla politica e dal mondo economico che dovrebbero essere al servizio dell’essere umano.

Papa Francesco, nell’Enciclica “Fratelli Tutti”, sottolinea che servire significa cura dei fragili, delle famiglie, del popolo, di tutti gli abitanti della terra; questo servizio guarda, tocca, sente, cerca il fratello e non è mai ideologico poiché serve le persone (cf FT 115). I Filippesi, nell’ordine dell’economia di Dio e nello spirito del servizio del buon Samaritano, dopo aver „imparato, ricevuto, ascoltato e veduto” (Fil 4, 9), hanno “fatto rifiorire i loro sentimenti” in un grande gesto di donazione verso Paolo (Fil 4, 10). Però, “non è il vostro dono che io ricerco”, dice San Paolo, “ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio” (cf Fil 4, 16). Questo loro gesto di dare, dopo aver ricevuto, è veramente un rifiorire della primavera dopo l’inverno, è nata la vita nuova, “ridonda” al vantaggio di chi dona e, “ridonda” a vantaggio di chi riceve, è solidarietà. Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani nasciamo su questa terra con la stessa dignità (FT 118). I primi cristiani hanno sviluppato un senso universale sulla destinazione comune dei beni creati: “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno” (LS 93).

I comunisti, nell’Est Europeo, hanno fortemente manipolato ideologicamente i due principi: dell’uso comune dei beni e quello del diritto alla proprietà privata. Era legge: tutto era del regime e la proprietà privata non esisteva. Era la società “multilaterale sviluppata” ma il pane era difficile procurarlo, la libertà umana e la libertà di coscienza non esistevano, tutto era controllato. Nel 1989 cade il muro di Berlino, cade la “cortina di ferro”, si aprono i mondi e l’Europa si sta trasformando. Con la caduta del regime e l’apertura delle frontiere e poi con l’entrata della Romania in Unione Europea più di 5 milioni di romeni sono andati all’estero, secondo il diritto di libera circolazione dei cittadini europei, e tantissimi imprenditori dei paesi europei sono arrivati in Romania. La Chiesa Cattolica in Romania, dopo la caduta del regime, ha ricevuto un grande sostegno da parte della Chiesa Cattolica in Europa ma, come dicevo, dalla Romania sono partiti più di 5 milioni di romeni a lavorare in tutta l’Unione.  Ci domandiamo cosa succede? Tanto per il paese quanto per il continente è stato un beneficio che possiamo leggere nell’ottica di San Paolo: “non è il vostro dono che io ricerco, ma il frutto che ridonda a vostro vantaggio” (cf Fil 4, 16). Se consideriamo questo grande movimento di persone come la pensa San Paolo, allora tutto “ridonda a vantaggio” di tutti.

A distanza di trent’anni dalla caduta del regime, Papa Francesco, “sogna un’Europa amica della persona e delle persone, un’Europa che sia una famiglia e una comunità, un’Europa solidale e generosa, un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti. Una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente sia libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società” (Papa Francesco, 22 ottobre 2020). Queste parole del Papa valgono per tutti i cristiani e per tutti gli uomini di buona volontà di tutta la terra – ce lo ripete il pontefice nell’Enciclica Fratelli Tutti.

Noi qua siamo vescovi d’Europa e di Africa con il dovere di condure i nostri popoli, la nostra gente verso “il Regno di Dio”. Nell’Enciclica il Santo Padre parla di diritti fondamentali dei popoli, di diritti senza frontiere, di solidarietà, responsabilità e di fraternita, di educazione e di fede, di cultura e di servizio, di libertà, uguaglianza e fraternità. Il Papa parla di una rete nelle relazioni internazionali per risolvere i problemi del mondo, ragionando in termini di aiuto reciproco, rispettando tanto i diritti individuali quanto i diritti dei popoli, assicurando in questo modo la sussistenza ed il progresso (cf FT 126). Allo stesso modo, mai perdendo di vista il Vangelo ed il magistero sociale della Chiesa, dobbiamo approfondire la “rete di relazioni” tra Africa ed Europa. Siamo “tutti sulla stessa barca” (africani ed europei, americani, asiatici o australiani), siamo “importanti e necessari” gli uni per gli altri, “bisognosi di confortarci a vicenda” ed a “remare” insieme per far sì che il nostro “pianeta assicuri terra, casa e lavoro a tutti” (cf FT 127).

Infatti quando Papa Francesco afferma che: “c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso” (FT 123) e la stessa cosa di ciò che dice San Paolo: “ho provato grande gioia nel Signore, perché finalmente avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi” (Fil 4,10), nei riguardi ti tutto il genere umano. Si tratta dei „diritti dei popoli e della destinazione comune dei beni della terra”. E uno dei diritti fondamentali che precedono qualunque società “perché derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio”, è un “riconoscere e rispettare i diritti individuali, i diritti sociali e i diritti dei popoli” (cf. FT 124-126); è un dare e un ricevere, è un “modo di intendere le relazioni e l’interscambio tra Paesi”. Di più, „i cristiani hanno oggi una grande responsabilità: come il lievito nella pasta, sono chiamati a ridestare la coscienza dell’Europa”, e dell’Africa “per animare processi che generino nuovi dinamismi nella società” (Papa Francesco, 22 ottobre 2020).

+ Virgil Bercea